lunedì 3 ottobre 2016

Un barlume di speranza - Una storia ad episodi - Parte 7


Un barlume di speranza - PARTE 7

Ci mise davvero poco Simone per trovare un nuovo equilibrio, seppur precario, in una nuova città. Aveva già trovato casa, una scuola dove imparare spagnolo, delle ragazze con le quali chiacchierare che da li a poco sarebbero diventate sue amiche e un bel posticino sulla spiaggia, che aveva già fatto suo. In quel momento non gli serviva molto di più, e poco d'altro gli sarebbe servito nel breve futuro rimastogli.
Il coinquilino, padrone di casa, gli spiegò che utilizzava la casa solamente per dormire, dato che i due lavori che faceva lo tenevano impegnato dalle 7:30 del mattino sin dopo le 23:00. Era perfetto, praticamente aveva la casa tutta per se. 
Quella sera non cenò, l'iniezione delle 19:00 gli tolse qualunque voglia, compresa quella di ingerire qualsiasi solido. Da quando i medici gli avevano detto che le sedute di chemioterapia non erano servite a niente decise di smettere, e in cambio era stato riempito di medicine, qualcuna per cercare di rallentare il tumore, altre per rallentare il dolore. "Potremmo anche rischiare di operarti ma dovremmo asportare tutto quanto e vorrebbe dire, in caso di sopravvivenza, vivere attaccato alle macchine per sempre. E la percentuale di sopravvivenza si aggira intorno al 20%". Fanculo i medici, fanculo il tumore, fanculo me. Già, "Fanculo it's the way", questo era diventato il suo modo di approciarsi alle cose, se fosse giusto o meno non sta a me giudicarlo, ma sembrava essere più tranquillo da quando iniziò a pensarla così.

"Ciao Mà, sono io, Simone... come va?"

In una breve telefonata rassicurò la madre, ma non le disse niente sulla sua salute. Le spiegò della casa, del corso di spagnolo e le raccontò di come già si trovasse bene in quella nuova città. In fondo anche lui aveva voglia di sentire sua madre, e sapeva che più avrebbe tardato a telefonarle più si sarebbe preoccupata. Si sentì già meglio, risollevato, come se l'avvisare a casa fosse stato un obbligo, un compito che prima faceva e prima si toglieva il pensiero. Come si dice: "via il dente, via il dolore". 
Una discoteca a Barcellona
Disco in Barcelona
In quell'attimo di leggerezza decise di uscire e capitò al "Ryan", un pub carino a due passi da casa, dove la birra costava un euro a bottiglia... come non approfittarne? E dopo il primo sorso una ragazza si avvicinò a lui e, in inglese, gli chiese se volesse partecipare al "Pub Crawl". 

"What's a pub crawl?", chiese Simone innocentemente.

"A pub crawl is basically a walk trough 6 pubs and clubs here in the area, a nice and fun way to meet lots of people, you pay 10€ and you'll have 1 drink each place plus free entry at the last club... and we don't have to que, we just go in and have fun. If we reach ten people we start, are you interested? We are eight already...".

E certo che era interessato, eccome, sembrava una bella idea per ubriacarsi, conoscere gente e fare un po' di casino. Si spostò, seguendo la ragazza alla quale poi diede il denaro, e si sedette a bere insieme agli altri partecipanti di questo pub crawl. Nemmeno fece in tempo a presentarsi che subito arrivò un altro ragazzo. La promoter raccolse i dieci euro da tutti e spiegò che entro cinque minuti sarebbero partiti, giusto il tempo di finire i drink e andare in bagno: Si parte!
Uscirono tutti, chiacchierando poco, e seguirono la ragazza per la strada. Era un bel gruppetto, di maggioranza femminile, tutti intorno ai vent'anni e con la voglia di divertirsi; a quell'età si sa, basta poco per sentirsi padroni del mondo. Al quarto locale Simone faticava già a reggersi in piedi, senza sapere se la poca forza delle gambe fosse dovuta dall'alcol o dalle medicine continuò il giro, sforzandosi di parlare e conoscere più persone possibili. Con un misto di italiano, inglese e spagnolo inventato al momento rallentò una ragazza olandese che, forse per pietà o compassione, iniziò a prenderlo per mano mentre passeggiavano alla coda della mandria. Sentire il tepore di una mano di donna stringere la sua lo fece sorridere, la morbidezza delle sue dita ingannò il male incurabile di cui era afflitto regalandogli attimi di tranquillità. Era bellissimo. 
Riuscì a stento ad entrare nell'ultimo locale, una discoteca, e subito si diresse in bagno per vomitare. Pianse una singola lacrima vedendo tracce di sangue nel liquame appena espulso a forza e, sciacquandosi la bocca, si guardò allo specchio: un viso pallido e smorto, enormi occhiaie, pochi capelli in testa... sembrava un deportato ebreo appena uscito da un campo di concentramento.
Tornò dalla ragazza olandese con l'intenzione di salutarla e dirigersi a casa a dormire ma, come ben sappiamo, spesso i piani non vanno come desideriamo.

continua...

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