domenica 31 luglio 2016

Il viaggio di una vita - Parte 8: La Cambogia

Il viaggio di una vita - Parte 8: La Cambogia

Ah, la Cambogia! Un altro paese, come i precedenti, del quale non conoscevo praticamente nulla, ma dopo tre settimane qualcosa cambiò. Trovai in Laos la pace, sia nei luoghi che nelle persone, mentre in Cambogia vi fu un mix di tranquillità laoissiana (dubito fortemente si dica così) e delirio vietnamita... ma così va la vita, non è sempre festa.

Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Cibo, cibo, cibo, cibo...
Passato il confine trovammo e convincemmo un tizio a portarci nella capitale per una manciata di dollari americani, fu una lunga traversata lungo strade quasi mai asfaltate per arrivare a Phnom Penh. Trovammo in questa città una grande metropoli, zeppa di persone in alcune zone, deserta in altre. Spostandoci sempre a piedi sbirciammo ogni angolo di ogni strada fino a trovare, come ormai di consueto, l'accomodation più economica vicina al centro. Il nome del posto ovviamente non lo ricordo (ma anche se lo ricordassi sarebbe sicuramente impronunciabile hehe), ma era a due passi da tutto quanto, incluso un f a v o l o s o mercato di cibo, presente a nostra fortuna tutti i giorni. Se dovessi postare ogni foto ed elencare ogni cibo strano che ho mangiato starei alla tastiera tutto il giorno, e i più di voi si annoierebbero a morte, ma ve lo giuro, tantissima roba strana, alcune cose ottime, altre disgustose. La cosa particolare di questo mercato era che il cibo, solido o liquido che fosse, veniva consegnato all'acquirente in un sacchetto di plastica! Si, avete capito bene. Ovviamente per il riso bianco, le verdure crude tipo la papaya salad e altre varie venivano utilizzati banalissimi sacchettini bianchi per la spesa, mentre per le cose liquide dei piccoli sacchetti trasparenti legati con uno spago. Solitamente il cibo da mercato consisteva in un sacchetto di riso, delle verdure sempre diverse, della carne (buona ma di dubbia provenienza) e talvolta anche un dolcetto; si mangiava bene, non c'è che dire.
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Ready to go, sitting on my house

Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
E le Fante?
Le strade non erano poi così diverse da quelle del Vietnam: piene zeppe di motorini e gente, fili, macchine, bici, cibo e paccottiglia... un delirio insomma, ma relativamente ordinate. Anche qui le parti della città adibite ai negozi erano inspiegabilmente banali, i venditori di un oggetto particolare sembravano tutti raggruppati per via o vicolo, in modo da farsi una concorrenza spietata, e questa cosa non l'ho mai capita. C'era la strada degli occhiali da sole, con sei o sette negozi che vendevano le stesse identiche cose, poi la via dei cappelli, delle scarpe, dei casalinghi, delle antichità, e così via. Una mossa commerciale che non ho mai capito.

Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Details
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
La maestosità dei templi
Un giorno, girovagando per la strada, ci imbattemmo in un'enorme rotonda che attirò la nostra attenzione. Sembrava un'isola da tanto era grande, proprio al centro di un oceano di automobili e scooter... guadammo il cemento per addentrarci nella vegetazione della rotonda e trovammo ad attenderci niente di meno che un elefante! Già! Sembrava li fermo, annoiato, in attesa di chissà quale turista o curioso che volesse farci un giro. Poco dopo una colonia di scimmiette venne a farci visita quando ci fermammo per il pranzo, sempre lì, ammirando la maestosità di quell'elefante dallo sguardo triste. E le scimmie, chi ne ha avuto a che fare confermerà, sono delle vere rompipalle.

Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Il tempio di Tomb Raider
Restammo nella capitale circa una settimana per poi dirigerci, in bus, verso Siem Reap, la città dove si trovano le famose rovine di Angkor Wat. Angkor what? Wat! Aaahhh... e che sarebbe? Se non lo sapete non ci rimango male, io per poco nemmeno sapevo dell'esistenza della Cambogia prima di capitarci dentro! Angkor Wat è un sito archeologico, un'accozzaglia di templi tutti relativamente diversi tra loro, costruiti verso l'anno 1100, che ora è l'attrazione turistica più famosa della zona... una Machu Picchu cambogiana per intenderci. Una figata se non che zeppa di turisti. 
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Il tempio dalle mille facce!
Prendemmo un tuk tuk, fedelissimo mezzo di trasporto asiatico, per portarci fino all'entrata, pagammo il biglietto (già...) e, una volta dentro, decidemmo che avremmo girato tutto a piedi (che è una sfacchinata ragazzi, bellissimo eh, però piuttosto date qualche soldo al driver e fatevi scorrazzare, tra un tempio e l'altro a volte si cammina per chilometri...). Riuscimmo a goderci il sorgere del sole ammirando il tempio principale, poi a piedi ne visitammo molti altri, incluso quello stile Tomb Rider, una figata. Alcuni di questi Wat (templi) sono davvero giganteschi, non so se le fotografie rendono l'idea, ma ci si sente davvero piccoli immersi in quei luoghi così speciali, talvolta fatiscenti, ma realmente unici. 
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Angkor Wat al sorgere del sole
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Il tempio di Tomb Raider
Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Taiwanese dragon in Cambidia

Con i piedi doloranti e la sera ormai inoltrata rientrammo alla guesthouse e decidemmo che, da li a poco, saremmo andati in Thailandia. Beh, non c'è problema, abbiamo controllato su internet che per oltrepassare il confine non serve nemmeno il visto! Certo, per me non serviva il visto, ma per lei si, essendo Taiwan un paese non riconosciuto a livello internazionale. Prima di partire per la Thai però decisi per una mia consueta bizzarria: accanto alla guesthouse si trovava un giovane tatuatore, lo studio era sempre vuoto ma lui sembrava un ragazzo a posto e le attrezzature erano tenute in modo impeccabile. Contrattai un minimo il prezzo e poi decisi di farmi fare un dragone, in stile taiwanese, sulla gamba, da un cambogiano. Fu un tatuaggio interminabile, tutto in una seduta ovviamente perché non avrei avuto tempo di rateizzarlo... fortuna che anche in Cambogia hanno la Nivea. 

Fotografie di un viaggio durato circa un anno, qui sono in Cambogia
Giusto per rendersi conto degli spazi immensi...
Prendemmo dunque un bus che in qualche modo ci portò, sulle terribili strade non asfaltate e piene di buche, al confine della Thailandia. Lì scoprimmo l'amara realtà, io sarei potuto passare con tranquillità, senza problemi e senza pagare il visto, lei no. Tornammo allora indietro fino a Phnom Penh e, trovata l'ambasciata, ci fermammo lo stretto necessario per farle fare il visto e rifacemmo la traversata per raggiungere finalmente Bangkok. 

Il viaggio era ormai quasi terminato, così come i soldi a mia disposizione, ma le sorprese non sono ancora terminate! Per sapere come andò a finire dovrete aspettare l'ultima parte, continuate a seguirmi, presto l'ultimo capitolo del viaggio di una vita!

Keep reading!

Carlo "Charlie" Capotorto.

lunedì 25 luglio 2016

Un barlume di speranza - Una storia ad episodi - Parte 2

Eccomi con la seconda parte di questa storia ad episodi, ho pianificato di metterne una parte ogni due lunedì, spero così non passi troppo tempo tra una e l'altra, ma in caso potete cliccare sulla barra in alto, entrare nella pagina di racconti a puntate, e rileggere tutto.

Che idea sarà venuta a Simone? 

Un barlume di speranza - PARTE 2

Simone si fermò, come per raccogliere i pensieri del momento, e cercò di formulare delle frasi comprensibili per far sì che l'amico, conosciuto appena un paio d'ore prima, potesse prenderlo sul serio. Come in preda ai fumi dell'alcol, pur non avendo bevuto nulla, continuò quella frase lasciata precedentemente a metà:

"Ho un'idea ma... ascolta, non abbiamo un lavoro, non so tu ma io qui oltre alla mia famiglia ho poche persone vicine... l'ultima tipa che ho avuto mi ha mollato ormai sei mesi fa e da allora non sto combinando niente... passo le giornate tutte nello stesso modo, non mi importa se è il fine settimana o un giorno qualsiasi. Così è devastante, e da quel che mi hai detto anche tu non sei messo tanto meglio. Beh, ecco, quel che voglio dire è che anche se non ho un soldo voglio partire, andare da qualche parte a cercare lavoro, magari all'estero così imparo anche una nuova lingua che magari prima o poi mi serve."

"Eh ok, ma se non abbiamo i soldi dove cacchio possiamo mai andare?"

"Eh Luca, non lo so, ma ci saranno dei modi per andare in giro spendendo il meno possibile... io forse duecento euro li ho via, non so dove posso arrivare con così poco ma almeno un biglietto del bus me lo riuscirò a comprare! Poi non lo so, è un'idea così, quando arrivo a casa mi attacco un po' al computer e cerco qualche informazione in più su dove in Europa c'è più lavoro, sui trasporti e gli alloggi, sul costo della vita; su queste cose qua."

Si scambiarono i numeri di telefono ed entrambi in sella alla bicicletta, ma andando in direzioni opposte, pedalarono velocemente verso casa per evitare l'imminente temporale in arrivo. Una volta a casa Simone accese il computer e iniziò una folle ricerca per trovare una soluzione a ciò che identificava come "tutti i suoi problemi". Si perse a guardare ogni sito di lavoro all'estero, ogni possibile mezzo di trasporto più economico, ogni sito di viaggiatori senza soldi, di vagabondaggio, di cercatori di fortuna, di sfigati come lui. E in quel marasma di informazioni trovò conforto e sconforto, lesse di chi era riuscito a cambiar vita e di chi, invece, era tornato a casa con la coda tra le gambe, alternò tristezza e coraggio finché la madre non si alzò dal letto e, passando per il salotto andando verso il bagno, non gli chiese cosa ci facesse già sveglio. Non si era accorto che il sole era alto da un pezzo.
Dopo la colazione ed una doccia ristoratrice affondò nel letto per non rialzarsi prima di metà pomeriggio. Poco dopo la resurrezione si attaccò nuovamente ad internet e, con carta e penna alla mano, segnò tutti i posti dove gli sarebbe piaciuto andare, i mezzi per arrivarci con il relativo prezzo, i siti per trovare lavoro e quelli dove trovare alloggi economici per ciascuna città. Si diede davvero da fare, organizzando gli appunti con un ordine che lui stesso trovò quasi ossessivo compulsivo, ma erano perfetti: tutte le informazioni che gli potevano servire erano state meticolosamente riportate su quei fogli. Quasi impaziente, come se dovesse partire il giorno dopo, si chiuse in camera per studiarseli e trovare il luogo ideale. Non poteva ovviamente permettersi di andare in ogni uno di quei luoghi, doveva sceglierne uno, uno solo.
Chiamò Luca e si diedero appuntamento in un parco, non troppo distante dalla casa di entrambi.

in cerca di una meta
Un barlume di speranza
In cerca di una meta.
"Guarda, sono stato tutta la notte a cercare delle informazioni su dove si potesse andare e come fare per fermarsi un po', dimmi cosa ne pensi. Ho selezionato dei luoghi classici, dove mi sembrava più semplice trovare lavoro, e su internet ho trovato un botto di informazioni su Spagna, Irlanda, Inghilterra, Germania e Francia. A quanto pare un sacco di gente si è fatta le mie stesse... le nostre stesse domande e tanti han preso quel che avevano e sono partiti all'avventura... leggendo i racconti degli altri e raccogliendo informazioni mi è venuta la voglia di partire il prima possibile, tanto stiamo qua a fare?"

Fogli alla mano e rapito dal tanto entusiasmo l'amico replicò:

"Urco cane, sei meglio di un'agenzia di viaggi! Allora, io Francia e Germania le escluderei a priori perché una mi sta sulle palle e l'altra... il solo pensiero di imparare la lingua dei nazi... no grazie. E tra Spagna e Regno Unito è una dura lotta... Irlanda e Inghilterra sicuramente sarebbero più semplici perché un po' di inglese lo si conosce mentre lo spagnolo, non so tu ma io dovrei impararlo da zero. Però non dovrebbe essere così complicato, al massimo si scarica qualche audio corso in mp3 e lo si ascolta durante il viaggio. Ma in base a cosa hai scelto le città? Cioè, perché in Spagna hai messo Madrid e Barcellona e non Valencia o Saragozza? Con che criterio hai scelto Liverpool piuttosto che Manchester?"

"Perché cercando mi sembravano quelle più aperte ai giovani, con più possibilità di lavoro non qualificato, e soprattutto quelle che costavano meno. Ho cercato informazioni sui quartieri meno costosi, dove probabilmente sono concentrati tutti gli stranieri ed i poveracci, ma tanto che ci frega, basta andar via di qua no? Per dire, a Barcellona ho visto che c'è il Raval, che pur essendo praticamente in centro città, è pieno di locali notturni e di case che costano poco... certo, leggendo su internet dicono che bisogna stare un po' attenti perché c'è criminalità, però dai, figurati se vengono a derubare noi che non abbiamo niente. E per andare ci sono un sacco di modi, c'è il pullman che con 50€ fa la sola andata, oppure si può andare in nave da Genova ma ci costa circa un centone... oppure in aereo, però io non prendo l'aereo, mi fa venire l'ansia sentirmi tappato in volo senza poter uscire o andare in bagno quando si decolla o atterra. Se tu vuoi andare in aereo per risparmiare non c'è problema, io uso un altro mezzo e poi ci si vede là! Una volta a Barcellona ho visto che ci sono doppie anche per 200/250€ al mese, ci dividiamo la stanza e cavoli, in un mese troveremo lavoro..."

"Si però Simo, io ho un problema: non so se riesco a partire, almeno non subito"

"Ma come? Perché?"

continua...

giovedì 21 luglio 2016

Quando qualcosa si rompe

E quando qualcosa si ferma a metà?

Quando qualcosa si rompe


Sali sul treno senza saper dove andare,
la destinazione te la dirà il vento, te la diranno i profumi,
e senza una meta il tuo viaggio avrà qualcosa di speciale,
avrà l'imprevisto d'una vita da scoprire.

Quel che però nessuno ti ha mai detto
è che il treno può essere in ritardo, o in anticipo,
e allora oltre al non avere un luogo da raggiungere
devi anche avere tanto tempo a tua disposizione.

E se il treno si ferma a metà del tuo viaggio?
Un problema al motore, non può ripartire, 
devi scendere e camminare rallentando ogni possibilità,
devi scendere e ripartire per un viaggio tutto nuovo.

T'arrabbi con il macchinista? Forse.
T'arrabbi con la locomotiva? Forse.
T'arrabbi con le ferrovie? Forse.

Ma anche inveendo con tutte le tue forze
devi comunque scendere e camminare,
così come succede sul treno
accade nelle relazioni.

domenica 17 luglio 2016

Il viaggio di una vita - Parte 7: Il Laos

Il viaggio di una vita - Parte 7: Il Laos

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Backpackers
Ed ora arriva il Laos, la parte che per me sarà più difficile da raccontare perché ci ho lasciato un pezzetto di cuore. Non credo davvero che riuscirò a rendere giustizia, né con le parole né con le fotografie, ad un paese ed un popolo fantastico. Chissà se mi sono trovato così bene perché il Vietnam mi aveva disturbato, con i suoi abitanti che cercavano sempre di fregarti, o se davvero ho trovato nella gente qualcosa di speciale.

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Allenamenti sul Mekong
Sul bus tra Vietnam e Laos c'erano altri turisti europei, che durante la ricerca per dove stare a dormire fortunatamente perdemmo di vista, e dopo questo breve incontro capitava (fortunatamente abbastanza raramente) di incrociare altri bianchi. Una sorta di avversione al turista europeo stava crescendo in me, perché vedevo situazioni poco piacevoli o sprechi di soldi spropositati per acquisti dubbiosi. C'è da dire che il periodo non era dei migliori, la stagione delle piogge se non erro era appena terminata (o stava per terminare...) quindi non c'era troppa gente in giro oltre agli abitanti locali e i prezzi erano molto più bassi rispetto alla stagione estiva. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Santa signora degli arrosticini
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Chiacchierando dell'Italia 
Trovammo una piccola guesthouse economica dove ci fermammo circa una settimana, giusto il tempo per visitare ben bene Vientiane, la capitale del Laos, e per fare il visto per il paese successivo: la Cambogia. Capimmo subito che eravamo nel posto giusto: qui la gente sembrava più tranquilla, rilassata, e il traffico era notevolmente ridotto rispetto al paese precedente; rinominammo dunque Laos People's Democratic Republic (P.D.R.) in Pleas Don't Rush = Perfavore Nonfare Difretta. La routine della scoperta era simile agli altri posti, cercammo quindi come prima cosa luoghi economici dove mangiare, poi cose da vedere, mercati e altro. Mangiammo spesso in due posti: un take-away vicino al fiume (in pratica una signora che arrostiva carne e altre schifezze) dove senza ritegno mangiavamo sticky rice sticks (bastoncini di legno con appallottolato del riso spalmato con olio e grasso di pollo e abbrustolito) e tanta carne stile arrosticini. Costavano pochissimo e come snack erano ottimi. Il secondo posto TOP era un ristorante locale. Non ricordo bene chi ci disse che davanti ad una grande banca c'era un posto casereccio dove la gente andava a mangiare in pausa pranzo e spesso era aperto anche la sera, ci indicò a grandi linee la strada e ci disse che se avessimo trovato la saracinesca un po' abbassata avremmo dovuto bussare che ci avrebbero aperto; e così facemmo. Una donna alzò la saracinesca e con un sorriso ci fece entrare nel suo ristorante: una sorta di grande garage con sedie e tavolini apparecchiati. La cosa ci spiazzò molto perché nello stesso luogo queste persone ci abitavano (ma non lo sapevamo, l'abbiamo scoperto dopo) e, senza batter ciglio, la donna ci portò una piccola lista con maccheroniche traduzioni in inglese (grazie a dio) dalla quale puntammo il piatto desiderato. Tutto era cucinato al momento, ma comunque molto veloce, e costava pochissimo. Ci trovammo così bene che anche il giorno dopo a pranzo tornammo ed il locale era affollatissimo (ma neanche l'ombra di un turista XD); credo che almeno una volta al giorno eravamo li a mangiare e provare strani piatti.

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
L'uovo fecondato!
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Una fantastica cenetta... cosa bolle in pentola?
Sempre qui a Vientiane ho avuto il mio primo incontro ravvicinato con un baby duck egg: un uovo di anatra con dentro un fetino cotto al vapore. Si sbuccia la parte superiore, scoprendo la testina pelosa del feto d'anatra, si versa sale e pepe a piacimento e si sgranocchia carne e ossa. Il bianco dell'uovo diventa molto duro e c'è da sgranocchiare pure quello. Il primo impatto è stato davvero disgustoso ma, verso la fine della permanenza in Laos, mi ricrederò. Comunque il gusto è lo stesso, sa di uovo sodo.

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Risollevando una barca affondata
Qualche giretto nei dintorni della città e poi di nuovo in marcia, sempre in bus (nostro prediletto mezzo economico) verso il centro del paese, a Savannakhét, dove scoprimmo non esserci praticamente nulla. Ma davvero, nulla. L'unica cosa positiva della tappa in centro Laos è stato un sacchetto d'erba nel cassetto della camera. Altro che bibbia XD. Scendemmo poi verso Pakse con l'intenzione di dirigerci subito al confine con la Cambogia, in un posto chiamato 4.000 islands, ma la malaria prese il sopravvento. Già. Credo fossimo a Pakse, non ricordo esattamente, ma senza troppo preavviso iniziammo entrambi a star male: un po' di vomito, dissenteria, febbre e dolori vari... decidemmo di andare in ospedale dove delle simpatiche infermiere che parlavano francese oltre alla lingua locale (e noi ovviamente di francese ZERO, giusto io lo capisco un pochetto ma proprio base base) dopo qualche esame ci prescrissero delle medicine rosa ricoperte di cioccolato (sembravano M&M, giuro) da prendere per un paio di mesi e queste pasticche miracolose fecero effetto quasi immediatamente (feci poi gli esami al ritorno e non vi erano più tracce di malaria ma il mio già scarso sistema immunitario s'era ulteriormente indebolito...!). Comunque, appena ci riprendemmo saltammo su di un pulmino che, dopo qualche ora di montagne russe, ci scaricò ad un piccolo porticciolo dove prendemmo un trasporto per Don Det

Qui restammo fino all'ultimo giorno del nostro visto. Don Det è collegata ad un'altra isola tramite in piccolo ponte e, girando in bicicletta, il giro di entrambe lo si poteva fare in circa mezz'ora. Non c'è nulla di speciale sull'isola se non la gente e, grazie anche alla bassa stagione, incontrammo forse un paio di turisti ed i prezzi erano davvero bassi: pagavamo un dollaro a testa per una bella stanzona con bagno in una palafitta. Il bello di questo luogo è che non c'è la corrente elettrica fissa, accendevano sporadicamente un generatore per collegare una televisione o uno stereo per la musica e qualche luce elettrica ogni tanto. C'é un barile pieno di benzina utilizzato dalle barche locali e da uno scooter che, sporadicamente, trasportava oggetti da vendere nel villaggio e poi tornava sulla terraferma grazie ad una chiatta. Punto. Non esistevano strade percorribili dalle macchine e tutto era lento, calmo, tranquillo. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Rientrando a Don Det con la spesa
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Con Keo
Accanto alla palafitta c'era un campo di loto (che ogni tanto raccoglievamo per mangiarne i dolci semi come noccioline) e appena fuori una stradina, che circumnavigava l'isola. Come consuetudine trovammo il posto più trash ed economico dove mangiare e diventammo subito amici della simpatica coppia che lo gestiva: Tia e Keo. Lui parlava abbastanza bene inglese (faceva la guida turistica durante l'alta stagione) ma lei molto poco, comunque si comunicava relativamente bene. Stavamo bene e ci divertivamo, facevamo sempre colazione da loro e il primo pasto del giorno erano... le uova fecondate di anatra! Rieccole! Ma stavolta sembravano diverse, forse era cambiato il mio gusto o queste erano più buone, non lo so, ma sta di fatto che furono la mia colazione per più di una settimana. Mangiammo bene e bevemmo Lao Lao (una specie di grappa locale molto, molto economica), ogni tanto cucinavamo noi per loro, ogni tanto non ci facevano pagare, ogni tanto facevamo qualche festino invitando mezzo paese. Era bello.
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Laos
Io, Keo, il gatto, il riso e le uova.

Ricordo che un mattino molto presto andammo con Tia al mercato della terraferma. Riempimmo una barchetta dondolante di spesa con verdura, frutta, un pollo vivo e blocchi di ghiaccio enormi per conservare cibi e bevande. Comprai anche del tabacco locale (fortissimo e terribile) ed un sacchettone d'erba (leggera ed anch'essa molto economica). Conoscevamo tutto il paese, chi più chi meno, tanto che una sera ci invitarono alla cerimonia di un funerale. Le donne costruivano corone di fiori mentre gli uomini levigavano una grande bara e vi applicavano sopra una pellicola dorata; fecero fare anche a noi una piccola parte e poi ci fermammo parecchie ore a mangiare, bere ed ascoltare musiche e preghiere... non vidi lacrime ma sorrisi. Un'esperienza bellissima, anche se scaturita da una tragedia come la morte di una persona, che sono davvero grato di aver potuto fare.

Si faceva poco ma purtroppo il tempo continuava a volare per conto suo, quindi salutammo i nostri nuovi amici e tornammo sulla terraferma dove con degli scooter arrivammo al confine della Cambogia.  Pagammo il nostro classico dollaro per uscire dal paese ed il dollaro per entrare in quello nuovo, e poi... troveremo un mezzo di trasporto per arrivare da qualche parte? Cosa andiamo a fare in Cambogia? C'è qualcosa da vedere? E dove andremo poi?

Questo e tanto altro nel prossimo capitolo anche se vi dirò, è stato davvero difficile scegliere quali foto mostrarvi, ce ne sarebbero talmente tante che magari, più avanti, farò una bella raccolta per farvene vedere di più!

A presto.

Carlo "Charlie" Capotorto.

venerdì 15 luglio 2016

Infamia senza senso

So che non dovrei, scrivo d'impulso e poi me ne pento, ma non riesco a tener dentro quel che come il vento spinge e disturba. Dopo l'ennesima strage mi è salito il vaffanculo: a tutti voi, che purtroppo non leggerete queste parole, dedico un vaffanculo, dal cuore, dai nervi, diretto in faccia.

Infamia senza senso

Sono stanco, non è possibile,
troppo spesso le notizie di vostri attacchi,
che ammazzano e feriscono,
riempiono d'odio e di rabbia,
e colpiscono, e dividono.

Primo posto per l'infamia,
complimenti alle bandiere nere,
non ci sono parole per resuscitare
i corpi morti per la strada.

Ancora attentati, sparatorie, terrore,
tutto per uno stupido ideale religioso
che non capisco e che mai capirò.

Primo posto per l'infamia,
colpire innocenti è quel che fate,
con bombe, fucili, pistole e lame,
siete senza senso quando attaccate.

Spiegatemi perché, vi chiedo, vi prego;
anzi no, meglio non pregare nessuno
prima di venire fraintesi e presi di mira.

E lo scrivo con sincerità,
je suis tutto quel che non va,
ma smettiamola con questo teatrino,
la porcellana delle bambole ormai è crepata
e da tempo non vi crede più nessuno.

Finitela, davvero, non ha senso quel che fate,
e prima o poi pagherete per tutte quelle vite spezzate.

giovedì 14 luglio 2016

Un'altra voce aiuterebbe


Ho bisogno dei miei tempi, dei miei modi, dei miei spazi; e spesso essi non coincidono con quelli del mondo. E con "mondo" intendo chi mi sta accanto, il mondo è soltanto ciò che abbiamo vicino quando parliamo di sentimenti diretti e immediati. Non riesco ad usare la voce quando in imbarazzo, quando mi sento sotto pressione, sotto assedio, sotto attacco... e magari fosse soltanto in queste occasioni. La difficoltà di comunicazione mi bussa alla porta ogni giorno, forse per questo scrivo...

Un'altra voce aiuterebbe

Se le mie dita potessero parlare
quante cose potrebbero raccontare...

Ti verrebbero a dire 
di quando per un soffio
la morte ci è passata accanto,
sfiorandoci come foglie e vento.

Ti verrebbero a dire
di quando l'amore ci ha travolti
trasportandoci come l'acqua
porta le rocce a valle.

Ti verrebbero a dire
di come la noia è di casa
quando sdraiato sul divano
premo i tasti di un telecomando.

Non sono sicuro
di volerti far sapere
tutte queste cose di me,
preferirei parlarti quando me la sento.

Sono quasi contento
che le mie dita siano senza voce
anche se a volte forse
sarebbero di grande aiuto.

lunedì 11 luglio 2016

Un barlume di speranza - Una storia ad episodi - Parte 1

Eccomi qui con un nuovo progetto: un racconto a puntate! Ho voglia di scrivere piano, con calma, e rendervi partecipi, miei fidati lettori, di un racconto inedito tutto per voi! Sto scrivendo questo, dal titolo "Un barlume di speranza", e, se avete già letto qualcosa di mio, saprete riconoscere lo stile (se uno ve n'è) e già saprete che, terminata la lettura, vi staccherete dal monitor con un pochino di amaro in bocca ma, spero, anche con qualche spunto di riflessione in più. Buona lettura e non siate clementi, se vi sono orrori grammaticali... segnalatemeli!

Un barlume di speranza - PARTE 1

Come può un ragazzo di venti o trent'anni essere tranquillo e sereno guardando davanti a se? In caso sia stato tanto fortunato da trovare un lavoro stagionale, un tirocinio o addirittura qualche anima pia che gli ha offerto un contratto a tempo determinato o a progetto, come farà questo giovane a costruirsi un futuro? O anche solo ad immaginarlo. Gli sarà difficile fare qualunque cosa: non potrà viaggiare perché non avrà i fondi necessari, non potrà lasciare la casa dei genitori per lo stesso motivo, dovrà inventarsi qualcosa per sopravvivere, per avvicinarsi a quel che vuole sperando che prima o poi qualcosa possa cambiare.
Così Simone passava le giornate in casa dei suoi genitori, giocando ai videogames, leggendo o trafficando con il suo piccolo computer portatile. Altrimenti andava a trovare gli amici, facendo le stesse identiche cose, però in compagnia. Capitavano sporadici giri in bicicletta, unici momenti di aria aperta in cui Simone si sentiva libero e senza pensieri, o lunghe partite con vecchi giochi in scatola. Aveva pochi hobbies, i soli che i pochi soldi in tasca gli permettevano, ma anche quelli non riuscivano a dargli la sensazione di pienezza che da tempo ricercava. Qualche trick di giocoleria con palline costruite da lui stesso, qualche piccola scultura in legno che intagliava ogni qual volta trovava un ramo ispiratore durante le biciclettate. Tutto qui. Una vita da ventitreenne in cerca di lavoro. Una sera, durante una partita a Pueblo* organizzata dal gruppo ludico della città, conobbe Luca, un coetaneo, disoccupato come lui. Per chi è estraneo a queste serate sappiate che è consuetudine sedersi a giocare con completi sconosciuti, così da stringere nuove amicizie o farsi da subito acerrimi nemici. Loro divennero subito amici, legati dalla sfiga che attanagliava l'intera generazione, così come le precedenti e sicuramente le successive. Nessuno dei due beveva o fumava, per il motivo che non ripeterò, quindi dopo la giocata si sedettero semplicemente su di un muretto a chiacchierare.

"Quindi anche tu sei nella mia stessa situazione del cavolo... io non ne posso più sai? A volte vorrei che cadesse un meteorite o che scoppiasse un'epidemia zombie, almeno la mia vita avrebbe un senso... cioè, se cade un meteorite no, neanche troppo, ma almeno ammazza un po' di gente. Se ci fossero gli zombie diventerebbe tutto più facile, diventerei un ammazza zombie, andrei a fare razzie nei supermercati... sai che bello? Niente più rotture di palle, teh, ci sono gli zombie, li uccido e basta, almeno avrei qualcosa da fare..."

"Se arrivassero davvero gli zombie o gli alieni vengo a farti compagnia. Formiamo una gang e ci fortifichiamo come The Walking Dead, ha ha ha, sai che figata?"

Già, ma tanto non succederà mai, pensò Simone mentre Luca sproloquiava di come avrebbero dovuto prima procurarsi delle armi, poi del cibo a lunga scadenza, eccetera, eccetera. Sono cose tanto improbabili quanto essere morsi da un ragno radioattivo, o come essere scelti per diventare Lanterna Verde, o ancora come essere scovati da Nicolas Cage e la figlia ninja bionda diventando un supereroe alla Kickass. Non capiteranno mai cosa del genere, e se mai ve ne fosse opzione sicuramente non capiterebbero a me, sono uno sfigato senza un soldo che non andrà mai da nessuna parte.

"Le probabilità che succedano catastrofi o plaghe sono davvero scarse Luca, e se poi nel fortuito caso che ne capitasse una e non ne rimanessimo coinvolti dubito che due come noi possano davvero fare la differenza. Per quanto mi possa sembrare una cosa esaltante non mi ci vedo proprio con un machete a sfracellare cervelli. Dovremmo pensare a qualcosa di più realistico per tirarci fuori da questa crisi."

Dopo un lungo sospiro dell'amico cadde il silenzio sotto la fioca luce del lampione che illuminava il muretto dov'erano seduti. Un silenzio solo esteriore: senza emettere suono alcuno i due rimuginavano sulla loro vita, scrostando meccanismi arrugginiti dal poco utilizzo. Cercavano una soluzione. Dovevano assolutamente trovare il modo di vivere una vita migliore, trovare qualcosa dentro di loro che potesse prospettargli qualcosa di più grande, di bello, di potente. Alzando gli occhi alla luna Simone cambiò improvvisamente espressione, una scintilla brillava ora nelle nere pupille e come Archimede gridando "eureka!" balzò in piedi; ancora non riusciva a fermare quella palla matta che gli stava rimbalzando in testa quando iniziò a spiegare al suo nuovo amico quel che avrebbe potuto cambiargli la vita. 
Era qualcosa di utile? Di giusto? Poteva in qualche modo dargli un barlume di speranza verso l'inesorabile futuro? Non lo sapeva, e come ogni ventitreenne aveva mille dubbi sulla reale utilità di ciò che si apprestava a spiegare. Avevano appena finito di fare un discorso sulla speranza di una piaga zombie, ora qualunque cosa è valida.

"Luca, ho un'idea."

continua...

*Pueblo: gioco da tavolo dove costruire un complesso di fabbriche e industrie.

lunedì 4 luglio 2016

Il viaggio di una vita - Parte 6: Il Vietnam

Il viaggio di una vita - Parte 6: Il Vietnam

Durante la permanenza a Taiwan abbiamo pensato una cosa geniale: dato che non vorremo separarci ancora per un po' iniziamo ad avvicinarci verso l'Europa e poi voleremo insieme in Italia! Tanto semplice che poi qualche intoppo c'è stato, ma non verrà fuori prima di altri due o tre racconti. Optammo per far visita all'ambasciata vietnamita, sembrava un bel posto per iniziare una nuova avventura, quindi una volta dentro firmammo qualche carta, pagammo i nostri visti e nell'arco di pochi giorni ritirammo i passaporti con un bell'adesivo gigante (grande quanto tutta la pagina) che ci permetteva la permanenza di un mese in Vietnam! Decidemmo che poi avremmo fatto tappa in Laos, poi Cambogia e infine in Thailandia dove Hsiü avrebbe fatto il visto per l'Italia. Ottimo piano vero?

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Hanoi
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Un pischello... 
Acquistammo un biglietto di sola andata per Hanoi, la capitale vietnamita, e all'aeroporto ci fiondammo nella macchina di un tizio che, senza licenza, faceva da taxi per la città. Ci portò in un hotel di un suo amico, bellissimo, con aria condizionata e tutte le amenità; una bella stanza doppia per 15 dollari americani (nel sud est asiatico si usano moltissimo i dollari americani come valuta internazionale, è sempre comodo avere qualche banconota di piccolo taglio per le emergenze ma ancor meglio è cambiare subito i soldi in valuta locale così da poter contrattare sul prezzo e non venire fregati dal cambio - poi torneremo sull'argomento). Rimanemmo un paio di notti in quell'hotel, giusto in tempo per renderci conto che eravamo in una zona della città piena zeppa di turisti, finché decidemmo che le nostre scarse finanze e la nostra voglia di immergerci nella realtà del posto dovevano avere la meglio: vagammo un'intera mattina finché trovammo un piccolo albergo per circa 7/8 dollari a notte (prezzo per camera doppia). Era economico, abbastanza in centro città, al quarto piano di un vecchio palazzo senza ascensore, senza aria condizionata né colazione inclusa e senza altri turisti bianchi: proprio quello che cercavamo.
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Si mangia!

Girammo a piedi tutta Hanoi, sentendoci un po' come la ranocchia di Frogger quando bisognava attraversare la strada (il traffico è folle e le auto/moto non si fermano, le strisce pedonali ci sono ma praticamente è come se non esistessero), e cercammo di vivere la città il più possibile. Non capitò praticamente mai di mangiare al ristorante, non era quel che volevamo, quindi ci fermavamo ai tavolini che la gente locale piazzava per strada o sui marciapiedi e mangiavamo lì. Inizialmente è stato delirante perché non parlando la lingua del posto è difficile farsi capire da chi non è abituato ad avere a che fare con i turisti, quindi la prima volta ci siamo seduti, abbiamo provato a parlare un po' inglese con scarsissimi risultati, abbiamo mangiato quel che ci hanno portato e pagato quanto richiesto; solo dopo abbiamo trovato un modo migliore. Individuato il luogo che ci sembrava più adatto guardavamo cosa mangiavano le persone sedute, se ci piaceva attendevamo che finissero di mangiare e controllavamo quanto pagavano, dopo di ché ci sedevamo al tavolo e con i soldi in mano puntavamo la ciotola desiderata. Funziona sorprendentemente bene. In questo modo non ci sono fraintendimenti, mangi quel che vedi sugli altri tavoli e paghi il giusto. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Un po' di frutta?
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Ha Long Bay

Già dopo pochi giorni capimmo che in Vietnam (almeno, quello che abbiamo vissuto noi) i turisti sono galline dalle uova d'oro e bisogna contrattare il prezzo di qualunque cosa, davvero. Se ti chiedono 10 dollari per una Lonely Planet (fotocopiata ma perfetta) contrattando arrivi tranquillamente a 4 dollari... è il primo esempio che mi viene in mente ma potrei farne davvero tanti altri. E questo è uno dei motivi che non mi hanno fatto gustare il paese fino in fondo, mi ha fatto sembrare la maggior parte degli abitanti incontrati degli stronzi che ti vogliono fregare sempre e comunque. Ci sta, un po', che i vietnamiti non vedano di buon occhio i bianchi e quindi cerchino di spennarli, ma ogni tanto la situazione sfuggiva davvero di mano. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Trekking in Ha Long
Per il resto nulla da dire, la capitale, come tutte le grandi città, è un delirio di motorini, bici, persone e automobili in qualunque vicolo e strada; sempre affollatissima e urlante. Noi ci cacciavamo spesso in quartieracci e zone poco raccomandabili quindi non ci siamo stupiti quando siamo stati seguiti, quando dopo mangiato due tizi pretendevano un montone di soldi in più del giusto prezzo o quando la gente cercava di venderci sostanze di dubbia provenienze; ma faceva tutto un po' parte del gioco. 

Scovata l'ambasciata del Laos facemmo il visto e via, ci imbarcammo in un'agghiacciante tour organizzato per Ha Long Bay. Decidemmo per quella soluzione perché, tutto sommato, sembrava la più semplice (altrimenti dovevamo cercare qualche pescatore, affittargli la barca e organizzare tappe, altri trasporti, trekking, ecc...). Passammo un paio di notti in barca con cibo e vista mozzafiato della baia, ci arrampicammo nella giungla per un trekking allucinante (la settimana prima nello stesso posto ci fu una tempesta e parecchi turisti morirono tra i monti...) ma dei giorni davvero belli. Sulla stessa barca turistica incontrai anche una coppia di italiani e, dopo parecchio tempo che non parlavo altro che inglese, è stato quasi bello tornare a parlare la nostra lingua per qualche ora

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Ha Long Bay


Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
La fortezza di Hue


















Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Il confine tra Vietnam e Laos
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Vietnam
Il mercato a Hue
Rientrati sulla terraferma prendemmo un bus locale (non turistico, con soli autoctoni, senza aria condizionata o finestrini fighi o bagno o tv, una sorta di vecchia corriera insomma) in direzione di Hue e del suo fiume dei profumi (niente di speciale, davvero). Ok, un giretto al mercato, al vecchio palazzo/museo del regno, qualche mangiata qua e la ma una tappa di pochi giorni basta e avanza. A questo punto è passato già quasi un mese e non riusciremo a visitare Ho Chi Minh, quindi ci dirigemmo verso il Laos, ovviamente usando il mezzo più scomodo ed economico possibile: il bus. Il problema era che il Mekong (il fiume che taglia l'Asia) straripò giusto qualche giorno prima e il bus era stato riempito di sacchi di sabbia da scaricare all'arrivo... lungo tutto il corridoio erano stati posizionati grossi sacchi di sabbia, così come sotto ogni sedile e il lungo viaggio l'ho fatto tutto con le ginocchia in bocca. Passammo la notte in bus fino al confine dove poi aspettammo che le guardie iniziassero a lavorare, si paga una mazzettina di un dollaro in uscita, un chilometro a piedi fino all'altra dogana e un altro dollaro per entrare. Poco dopo arrivò il bus che ci portò fino a Vientiane, la capitale del Laos, ma questo amici lo leggerete nel prossimo capitolo!

Continuate a seguirmi per scoprire com'è andata a finire questa lunga e improvvisata avventura!

Carlo "Charlie" Capotorto.