giovedì 30 giugno 2016

Alla ricerca della felicità

Alla ricerca della felicità

Solo la vicinanza mi rende tranquillo, in silenzio, assorbendo. Le parole che escono dalla mia bocca mi rendono schiavo della scarsa memoria, portando litigi e rancori con chi mai e poi mai si sarebbe sognato di affezionarsi a me. La stessa fragilità spinge verso la distruzione di tutto ciò che è vicino, come una bassa frequenza disturba il vetro più fino portandolo alla rottura; alzando il volume d'empatia aumenta conseguentemente la possibilità di sentire e provocare dolore. E, purtroppo, nascondere le emozioni sotto la sabbia serve a poco: una folata di vento o un'onda forte abbastanza per arrivare sino alla riva le riporterebbe a galla. Ci sono cose che riaffiorano, e lo faranno sempre, non c'è niente da fare, e non è per niente facile affrontarle. Ma nothing else matter dicevano i Metallica, ed è proprio vero, niente altro importa che l'emozionarsi al mondo (loro non dicevano proprio così ma si sa, delle cose prendiamo quel che ci interessa...), guardandolo senza però fissarlo per non farlo vergognare. Guardare e cercare le connessioni che ci legano tutti, senza forzarle, cambiando direzione ad ogni gesto gentile, senza però... qui viene il problema. Come possiamo restare fedeli ad un pensiero se ogni minuto della nostra vita accade qualcosa che può cambiarlo? Bisogna guardare attraverso le righe, allargarle un po' con le dita e trasformare dapprima il modo di pensare, sbirciare dalla serratura della porta ed aprirla, se necessario. Non può esistere una cosa monodirezionale, ormai l'ho capito, mi ci sono voluti anni, ma non riesco a farlo entrare nella collettività, che sempre più spesso mi vede come un disagiato sociale. 

Non posso descrivere il sentimento, non ci sono parole, non ci sono lettere, fogli, inchiostri. Ricostruire in un racconto o un'immagine un battito del cuore è una sfida per me al limite dell'impossibile, e non è certo questa la sede per tentare questa colossale impresa, ma camminando nei chilometri di organi interni, lasciandomi trasportare da una canoa nei fiumi di sangue che scorrono dentro, continuo la ricerca di qualcosa di più grande. O più piccolo. O semplicemente della mia taglia. Lungi da me la presunzione di dare una risposta, di quelle non ne ho mai avute, ma la curiosità per porre le domande quella ce l'ho e voglio continuare ad usarla. 

Alla ricerca della felicità
Ecco che allora la più banale delle domande mi ricade tra le braccia, come un cucciolo di merlo caduto dal nido, con le ali ancora troppo deboli per volare, torna il quesito di sempre che non è mai riuscito a spiccare il volo. Troppe volte la banalità della domanda "Sei felice?" mi si è riflessa allo specchio, e troppe volte non ho riflettuto abbastanza prima di rispondere al mio doppio... troppe volte l'ho ignorata, andando avanti per non stare troppo male. Così scopro due versioni di me, chissà quante altre poi ce ne saranno, una buona, gentile, emotiva, simpatica e dolce, ed una stronza, cattiva, distaccata, misogina e misantropa. Mi dissero una volta che con il tempo la personalità dell'uomo si definisce sino a non cambiare più, ma sono sempre stato lento in tutto, così la mia mente fa con calma, non ha fretta di capire cosa sono. Ma io sono la mia mente? Sono io che decido per lei o lei che decide per me? Perché la vedo come un'entità separata quando invece è proprio lei che mi sta facendo scrivere queste parole? Vorrei prendere una scopa di saggina e spazzare via le foglie secche che appesantiscono questi ragionamenti, poi con l'idropulitrice rendere tutto nuovo, scrostando le patine di muschio e terra, estirpando le erbacce più profonde. Poi quel che resta sarebbe... una tavola rasa, uno spazio vuoto, un cielo senza nuvole o stelle, un semplice foglio bianco. Non sono sicuro se poi, dopo aver pulito tutto, avrei la forza di ricominciare a scriverci sopra qualcosa. Avrei paura di sbagliare ancora, e ancora, e ancora. 

Non vuole andare via: "Sei felice?", come se volessi che qualcuno mi ponesse questa domanda, forse era per quello che me la facevo allo specchio, ma non ha senso... "Sono felice?". Cos'è la felicità? Continua a venirmi in mente il film Alla ricerca della felicità, che tra le altre cose non mi è piaciuto, e le risposte non arrivano. Tabula rasa. Prendere una pausa, fumando una sigaretta con la musica a tutto volume, mi sembra l'opzione più adatta per fermarmi e riflettere sulla felicità... ma cos'è la felicità?. Ovviamente non ha aiutato, mi ostino a prendere le strade già battute quando già conosco la loro destinazione, dovrei iniziare a cercare le risposte da altre parti... si, ma dove? Le opzioni non sono molte, e se dentro di me non ci sono, l'unico posto rimasto è cercarle fuori. Già trasformata in una dolce ossessione: cosa rende una persona felice? Come posso trovare quel che non ho? Credo poi che la felicità sia molto soggettiva, se provassi a chiedere alle persone che mi circondano la loro opinione ne verrei sicuramente influenzato, ma qui viene il bello; e mi rilego al paragrafo iniziale. Non posso che trasformarmi e crescere, dato che a quanto pare la felicità è uno stato temporaneo, sembra che non si possa essere perennemente felici, quindi gli uomini e le donne trovano la felicità in quel che fanno o in quel che accade? O ci pensano? Sono forse i comportamenti, i gesti di carità, gli attimi d'amore, una canzone, un film, un bacio, un abbraccio, un sorriso, l'assenza di dolore, l'assenza di preoccupazioni? Tutto ciò merita davvero attenzione, più di quanta fin ora ne ho data, e chi mi conosce lo sa (ridacchio ripensando a questa frase di Alberto Tomba, sentita mille e mille volte ancora durante le trasmissioni della Gialappa's Band), quando mi fisso vado dritto per quella direzione... finché purtroppo dopo un po' mi stanco, ma questa è un'altra storia.


Felicità s. f. [dal lat. felicĭtas -atis].1. Stato e sentimento di chi è felice: piena, intera f.; una f. serena, pura, tranquilla, senza ombre; aspirare alla f.; trovare la f. sulla terra; godere, assaporare momenti di f.; l’eterna f., la beatitudine celeste; felicità!, augurio (oggi molto meno com. di salute, e talora scherz.) a chi starnuta. Con senso più prossimo a «gioia»: provò un’intima f.; iron., che f.!, a proposito di cosa molesta, di grattacapi e sim. 2. Opportunità, convenienza, e in genere la qualità di ciò che è riuscito in modo eccellente: f. di una frase, di un’espressione, di un’idea; con quanta f. i suoi concetti descrivesse (Machiavelli).

Che ci porta alla definizione di "Felice":

Felice agg. [lat. felix -īcis, dalla stessa radice di fecundus, quindi propr. «fertile»]. – 1. Che si sente pienamente soddisfatto nei proprî desiderî, che ha lo spirito sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato: è un uomo f.; essere, vivere, credersi, dirsi f.; far f., rendere f. una persona; come augurio: sii felice!; Vivi f., se f. in terra visse nato mortal (Leopardi); continua...

Ok, beh, potevo usare dio Google prima degli sproloqui apparentemente insensati che avete letto in precedenza, ma nuovamente sono al punto di partenza. Voglio capire le vite altrui, ho bisogno di chiedere a qualcuno, ho l'illusione che questo potrebbe darmi una visione diversa da questo groviglio di ragionamenti; che cosa posso chiedere alla gente? Dovrei stilare una lista di domande e provare ad "intervistare" amici e conoscenti, o magari lanciare le domande sulla rete e vedere se qualcuno risponde, chissà quanta gente ha già fatto una cosa simile, ma io devo far la mia, sbatterci la testa, sempre e comunque.

Ecco le domande alle quali ho pensato, dovrebbero essere abbastanza per cercare di stilare un grafico e trovare qualche risposta a questo tormento:




Qui invece trovate il link del documento Google, se preferite farlo così (è lo stesso che c'è qui sopra ma magari da qui da qualche problema il modulo...).

Spero di ricevere tante risposte che possano in qualche modo facilitare la comprensione della felicità, dell'essere felici e di come poter raggiungere questo stadio a me comprensibile solo a tratti. Quando avrò ricevuto un buon numero di risposte scriverò un altro posto con quelle che riterrò più belle/utili/interessanti quindi... stay connected!

Carlo "Charlie" Capotorto.

lunedì 27 giugno 2016

Manifestazione Forza Nuova & Antifascista (2014)

 Manifestazione Forza Nuova & Antifascista 

Sabato 18 Ottobre 2014, ore 14:35

Non so bene per che motivo ma oggi vorrei riproporvi ciò che mi è successo ormai due anni fa, qualcosa mi spinge a condividerlo nuovamente con voi, miei fedeli lettori.

A Bergamo due manifestazioni nello stesso giorno, alla stessa ora, una di Forza Nuova al cimitero e una Antifascista... stasera ho voglia di risotto con i funghi ma non li ho in frigorifero, già che esco faccio qualche fotografia e compro l'occorrente per la mia cenetta. Compattina carica, zainetto per la spesa e portafoglio, inforco la mia bici e mi dirigo verso il cimitero. 

Non avendo molte informazioni a riguardo delle manifestazioni mi dirigo verso il cimitero e parecchio prima spuntano i primi poliziotti, vestiti normali, sembrano lì a controllare il traffico... arrivato al piazzale mi fermo un attimo davanti al fiorista ad ammirare la fauna: svariate camionette di polizia e guardia di finanza e un gruppo di un centinaio di persone tutte vestite in jeans e maglia bianca. Sembrava di essere nel film "L'Onda" e non mi stupirei se l'idea l'avessero presa da li. Hanno anche delle bandiere bianche con un simbolo rosso, sembra un cuore, non capisco. Mi volto e appena chiedo ad un quarantenne pelato, vestito di nero e con i pantaloni negli stivaletti, capisco quanto sia stata stupida la mia domanda 

C.C.: "Scusate, ma che manifestazione è?"

Attenzione: manifestazione!
Rispondono che sono di forza nuova. Certo. Gli faccio una foto da lontano. Uno di loro fa una foto a me. La polizia mi guarda. Decido di andarmene. Sono quasi le 14.50 e nessuno si muove. Lungo il viale del cimitero altre camionette con personaggi dalla faccia incazzata e tenuta antisommossa. Mi dirigo verso Piazza Dante perché ricordavo che la manifestazione antifascista fosse lì e la ritrovo gremita di poliziotti ma senza alcun manifestante. Mi fermo accanto al marciapiede e fotografo una donna, in macchina ferma al semaforo che scrive messaggi sullo smartphone, con accanto un poliziotto che non le dice nulla. Bah. Decido di fotografare il cartello "Divieto sosta rimozione forzata su tutta la via "MANIFESTAZIONE"" e subito mi si avvicina un poliziotto in borghese che, mostrandomi il distintivo della Polizia di Stato come fosse un tesserino FBI, mi chiede un documento. Spiazzato tolgo lo zaino e gli porgo la carta d'identità. Qui ha il via una conversazione quasi demenziale:

M.P.: "Le fotografo il documento perché non ho una penna" mi dice, e continua "Cosa ci fa qui? Viene spesso da queste parti?"
C.C.: "No", rispondo, "Ho saputo che c'era una manifestazione e sono venuto a vedere cosa facevano e fare qualche foto..."
M.P.: "Ah si? É venuto per avvisare quando partivano?"  
C.C.: "Avvisare chi scusi?
M.P.: "Ah, non lo so.."
C.C.: "Eh, se non lo sa lei... ma che problema c'è" E intanto mi ridà il documento mentre un altro poliziotto in borghese si avvicina e lo affianca.
M.P.: "Ora che ha visto può andarsene, prima di farsi del male"
C.C.: "Perché dovrei farmi male scusi?"
M.P.: "Magari durante una carica... vada che è meglio, poi magari dite che non vi aveva avvisato nessuno e che non facciamo niente per voi, ha visto quello che doveva vedere ora vada, è un consiglio"
C.C.: "Più che un consiglio mi sembra una minaccia... posso rivedere i vostri documenti scusate?"

Mi mostrano entrambi i documenti molto velocemente e si allontanano, in quei pochi secondi riesco a leggere nome e cognome di entrambi. Scrivo un messaggio al cellulare con i nomi altrimenti li dimentico e mentre ammiro piazza Dante ghermita di polizia noto che lo stesso M.P. mi sta fotografando. Gli sorrido. Si nasconde. 

Le camionette in Malpensata
Mi rimetto in sella dirigendomi verso Malpensata passando per via Gavazzeni e, tanto per cambiare, rischio la vita causa SUV nero che supera invadendo la corsia inversa. Gli urlo "CRETINOOO" e torno a pedalare. Arrivato al semaforo del piazzale realizzo che la manifestazione antifascista è qui, davanti agli occhi uno scenario apocalittico: della musica, qualche bandiera mista, anche qui un centinaio di ragazzi, un po' di fumo (che non manca mai, chissà perché poi?) e il piazzale pieno di macchine. Quasi il doppio delle camionette presenti al cimitero, delle varie polizie, attendono l'inizio del corteo che io guardo solamente da lontano. 

Mi fermo qualche minuto e decido di tornare verso casa, sono ormai passate le 15.00 e sono ancora fermi, non ho più l'età per queste cose... o forse non l'ho mai avuta. Voglio raccontare cosa mi è capitato a qualcuno e mi dirigo verso la Ciclostazione ma è chiusa. Andrò a casa, sono quasi stanco e vorrei anche fare altro durante la giornata. Passo per il centro piano piano a cavallo della mia bici gialla e vedo tanta gente affacciata alle vetrine, tanti giovani gustare un gelato in questo caldo pomeriggio d'ottobre... vedo 6 nazionalità diverse affrettarsi nell'attraversare sulle strisce lo stesso semaforo giallo. Mi chiedo il motivo di così poca partecipazione sia all'una che all'altra manifestazione, mi chiedo se queste manifestazioni siano davvero utili agli scopi che le due differenti fazioni si prefiggono; i nuovi fascisti puliti e ordinati che si sistemano il pacco ed i capelli, i nuovi antifascisti vestiti come capita che si sistemano il pacco e si scaccolano... mi chiedo se davvero le persone abbiano voglia di scegliere il proprio futuro o se s'accontentano di vivere alla meglio, protestando solo il necessario, in sordina, perché in fondo credono di non avere potere decisionale. 

Tutto ciò mi intristisce... e alla fine ho pure dimenticato di prendere i funghi.

Carlo "Charlie" Capotorto

sabato 25 giugno 2016

Senza una donna


Senza una donna non si può stare, io non so come fare, mi sento perso, come se tutto il mio mondo perdesse di significato. Da solo sopravvivo, talvolta vivo, ma sempre qualcosa manca...

Senza una donna

Tanto triste è la notte
quando senti la mancanza
del profumo di una donna...

Girandoti, prima a destra e poi a sinistra,
il tuo naso non incontra soffici capelli
al profumo di shampoo e lacca.
Rigirandoti non c'è corpo da abbracciare,
non c'è mano da stringere forte,
non c'è guancia da baciare prima di dormire.

Perde importanza il passare delle ore,
la pelle liscia e candida è soltanto un miraggio,
il suo sorriso rimane impresso nella retina
come una polaroid scattata in fretta.

Perdono importanza gli altri sentimenti,
quando il solo amore è ciò che desideri,
ma così facendo il cancro della solitudine
mangerà tutto, senza lasciare niente.

martedì 21 giugno 2016

Il demone del print on demand

 Il demone del print on demand

Rapporti difficili. Storie in bicicletta e altri racconti. Il secondo libro di racconti di Carlo Capotorto
Rapporti difficili
Storie in bicicletta e altri racconti

Quando spiego a qualcuno che ho pubblicato il mio terzo libro con una casa editrice "print on demand" (o di auto pubblicazione, chiamatela come volete) quel qualcuno storce sempre il naso ed il commento che sento più di frequente è "Ma allora chiunque può mettersi a scrivere e pubblicare un libro, posso farlo anch'io". Niente di più vero, ma devi saper scrivere e comunicare qualcosa. Faccio spesso il paragone con i musicisti, anche se forse non è il più azzeccato, ma è l'unico che mi viene in mente. 

Chi suona deve prima imparare uno strumento, e nel caso della scrittura è il modo di comunicare e scrivere i propri pensieri, e poi perfezionare la sua tecnica, così come bisogna ripassare la grammatica per non commettere troppi errori (ed io qui sono un po' carente purtroppo...). Lo scrittore deve poi tenersi aggiornato, imparando sempre nuovi vocaboli per non scrivere sempre le stesse parole, così come il musicista diventa sempre più esperto e tecnico sino ad arrivare a comporre pezzi propri. E la chiave è la creazione del demo, di un cd auto prodotto per far conoscere la propria musica, con la speranza poi di essere notato da qualche casa produttrice che lo possa prendere sotto la sua ala. Le pubblicazioni "print on demand" sono proprio questo, da sconosciuto è molto difficile riuscire a ricevere attenzione da una casa editrice, grande o piccola che sia, e dopo mesi e mesi di attesa senza risposta l'auto pubblicazione è una soluzione più che accettabile secondo me. 

Bergamo in Blue. Il primo libro di racconti di Carlo Capotorto
Bergamo in blue
Scrivendo racconti, poco commerciabili se lo scrittore non è già famoso, anche con questo libro ho tentato la via della classica pubblicazione attraverso editore, ma i pochi che mi hanno risposto hanno detto proprio queste cose (poco commerciabile o fuori tema rispetto alle loro collane). Continuando dunque per questa strada, finché l'ispirazione non mi porterà a scrivere un vero romanzo, seguirò con Youcanprint a stampare i miei lavori rendendovi partecipi dei miei pensieri. 

Qualcosa che sembra poesia, una raccolta di poesie di Carlo Capotorto
Qualcosa che sembra poesia
Se poi in futuro, dopo svariati libri, capirò di non avere seguito allora probabilmente mi fermerò, ma in questo mese di giugno ho pubblicato il mio terzo libro intitolato "Rapporti difficili. Storie in bicicletta e altri racconti" (dopo i due libri del 2015 "Bergamo in blue" e "Qualcosa che sembra poesia"), ed entro breve dovrebbero arrivarmi a casa un po' di copie. Poi inizierà il duro lavoro: dovrò andare in giro per le librerie di Bergamo e provincia a proporlo, cercando di convincerli a comprare qualche copia e tenerle in negozio, e poi cercherò di organizzarne la presentazione. 

Che cosa ansiogena la presentazione... ma appena organizzo vi faccio sapere! Intanto potete continuare a seguirmi qui o sulla pagina Facebook!

A presto!

Carlo "Charlie" Capotorto

venerdì 17 giugno 2016

Senza tornare


Lo so, continuo a scrivere allo stesso modo, sempre pestando sugli stessi argomenti, ma per il "semplice" motivo che queste sono le cose che non riesco a far uscire dalla testa. Anche gli anestetici venduti legalmente mi hanno stancato e non ho più scudi, fatico ogni giorno per difendermi da me stesso senza riuscire a trovare un modo per non attaccarmi più.

Senza tornare

Urla, grida, mangia, sputa,
sulle mie dita non c'è più vergogna,
senza più forza,
senza più voglia,
non ho il coraggio
che serve a tornare.

Ti sento ridere e piangere insieme,
senza capire ti prendo per mano
e insieme passeggiamo piano
lungo un percorso che non ci appartiene.

Cammina, zoppica, corri,
d'un tratto ti allontani
senza una spiegazione;
io resto seduto
legato alla sedia,
non mi sposto dal luogo
del nostro primo bacio.

Resto attaccato ad un ricordo sbiadito,
senza più anestetico
per sedare il dolore;
sto fermo a pensare, senza uno scopo,
non avendo nulla
per poterti dimenticare.

mercoledì 15 giugno 2016

Il viaggio di una vita - Parte 5: Alla scoperta di Taiwan

Il viaggio di una vita - Parte 5: Alla scoperta di Taiwan


Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Cibo gratis al tempio
Caldo e afa mortale mi assaltano appena scendo dall'aereo... ma dove diavolo sono? Ho recuperato il mio bagaglio ed è già un'ottima cosa, all'aeroporto mi viene a prendere Hsiü e in macchina ci dirigiamo verso casa "sua". Vive a Nankan, un piccolo paese in provincia di Taoyuen, la città dell'aeroporto internazionale, quindi ci mettiamo relativamente poco per arrivare in questa casona dalla posizione assurda. Si trova davanti ad un enorme magazzino di container, circondata da strade enormi sulle quali transitano camion in entrata e in uscita ad ogni ora del giorno. Si tratta della casa di famiglia, nella quale vivono tantissime persone tra genitori e fratelli con mogli e figli... i suoi genitori non hanno voluto vendere alla multinazionale di trasporti che manovra i container e così si sono ritrovati circondati da un traffico pazzesco. 
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Il dinosauro

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
La pubblicità del ristorante dei baci
Parcheggiamo ed entriamo in casa, sua madre ci attende. Con indicibile imbarazzo (di entrambi ma lei era spiazzatissima, scoprii in seguito che non aveva mai visto un bianco dal vivo...!!) snocciolo le poche parole di mandarino che conosco, anche lei dice qualcosa di incomprensibile e ci salutiamo così, poi si sale al terzo piano della casa per appoggiare lo zaino in camera e inizia il tour della reggia che descriverò come ricordo. Al terzo piano la nostra stanza, quella della sorella (che utilizza con il marito e la bimba quando torna a casa per il weekend), la stanza dell'altra sorella (che anch'essa utilizza con il marito e i bambini quando torna a casa per il weekend), la stanza del fratello più moglie e figlio e due bagni più vari spazi, sgabuzzini e corridoi. Al secondo piano altri due bagni, la stanza di un altro fratello più moglie, la stanza dei figli, la sala musica con pianoforte, la sala biliardo e un salone con divani e tv. Al primo piano la cucina e sala da pranzo, un piccolo magazzino con tv, il negozietto di alimentari della madre e una stanzona separata con la camera con bagno dei genitori. Un posto davvero enorme ma dove vivono tantissime persone, spero di non aver fatto confusione perché erano davvero in tanti!! E qui arriviamo alla prima scoperta delle differenze Asia/Europa: a quanto pare nelle famiglie tradizionali i figli maschi rimangono in casa con i genitori anche dopo sposati e le mogli diventano "schiavette" della suocera mentre le figlie femmine vanno a casa dei genitori del marito. Ci sono poi le coppie più avanti che prendono casa per conto loro (come hanno fatto le due sorelle). Fortunatamente la famiglia era sì, legata alle tradizioni, ma anche abbastanza aperta. La sera stessa cenai con il padre e Hsiü, altra differenza: il padre di famiglia mangia da solo; sua moglie cucina tutto (poi parleremo del cibo) e prepara la tavola, il primo a sedersi è il padre, poi l'ospite e poi lei. Il padre mangia per primo, sceglie i bocconi che vuole e decide lui cosa e quanto mangiare, poi potranno servirsi gli altri. Lungo il mese che mi sono fermato a mangiare lì credo di aver visto sue padre tre o quattro volte, solitamente mangiava da solo e poi spariva in camera a riposare. Durante il primo incontro credo fosse molto a disagio, un bianco era entrato in casa sua ed era seduto al suo tavolo... si stupì moltissimo quando vide che sapevo utilizzare le bacchette ma non disse una parola (più in seguito sua madre corresse la mia posizione delle mani per tenere in modo esatto sia le bacchette che la ciotolina del riso). Per concludere il piccolo accenno sul padre, poi torniamo al cibo, ricordo che l'ultimo giorno, prima della partenza, mi diede un pezzetto di cartoncino strappato con delle scritte in mandarino, in sostanza mi diceva di prendermi cura della figlia. XD. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Impariamo a giocare a Mahjong!
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)Come ho già accennato la famiglia era molto particolare e ci sarebbe davvero da stare a scrivere pagine e pagine su Taiwan ma già temo che mi prolungherò troppo quindi vi spiegherò soltanto una cosa: a Taiwan ci sono ancora molti gruppi aborigeni locali e il padre proveniva da uno di questi gruppi, però ha sposato una cinese mista aborigena e, tenendoci alle tradizioni voleva che in casa si parlasse il dialetto aborigeno, mentre fuori casa la lingua comune è il mandarino (v'immaginate che cacchio di confusione facevo io che cercavo di imparare qualche parola ogni tanto?!). In buona sostanza l'isola è sotto il governo cinese, pur avendo un suo governo, una diversa moneta e un diverso calendario, e da tanto cercano di staccarsi e diventare uno stato davvero indipendente ma la Cina minaccia attacchi armati piuttosto che embarghi e allora non se ne fa nulla. Spero di ricordare correttamente la situazione politica della zona, non me ne vogliate male se qualche dettaglio non è corretto (anzi, se possibile commentate e correggetemi), ma i voli diretti tra Cina e Taiwan sono stati "sdoganati" pochi anni fa, prima (cioè quando sono andato io) i cinesi che volevano visitare Formosa (questo il suo nome durante la colonizzazione portoghese) dovevano passare per Hong Kong o per paesi vicini. Folle vero? Come se per andare in Sardegna dovessimo far tappa in Francia. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Un bel tempio del quale non ricordo il nome...
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Ciboooo
E dopo questa breve divagazione geopolitica torniamo al mio adorato cibo, che ho scoperto essere molto importante nella loro cultura. Si mangiava spesso a casa, seduti su un grande tavolo rotondo con gli sgabellini, e quando le donne avevano finito di cucinare chiamavano gli uomini e i bambini che per primi si sedevano a tavola. Talvolta anche le sorelle (spesso tornavano per i weekend) e le cognate si sedevano al tavolo con noi mentre la madre molto, molto raramente. La cuociriso con il "fan", il riso bianco, era sempre piena e calda, e non mancava mai durante i pasti; ma prima del riso solitamente si gustavano le "zuppe", molto diverse dalle nostre ovviamente ma gustose. Non saprei nemmeno dirvi cosa ci fosse all'interno di molte di esse, ne ricordo giusto una molto disgustosa al pollo e grappa di riso che fungeva da rimedio per qualunque male (dal mal di pancia all'influenza). Terribile, davvero. Quel "Rice wine" (liquore di riso) viene utilizzato anche per bere e alcolizzarsi la sera, ma appena entra in bocca la sensazione che da è simile ad olio alcolico rancido. Urta. 

Comunque, prima cosa si riempie la ciotolina, da tenere sempre in mano (la si appoggia al tavolo giusto quando si finisce di mangiare) con una zuppa, poi con un altra ed eventualmente, quando sei bello pieno di brodaglia, vi si mette del riso bianco dentro sopra il quale si appoggiano pezzetti di pietanze presi dai vassoi che coprono completamente la tavola. La scelta varia tra moltissime verdure, carne di maiale, salsiccette dolci, cose zenzerose e salsine; la roba sconvolgentemente bella è che io in quella casa non ho mai visto cose confezionate. Tutto è fresco, preso al mercato o dall'orto del padre... mangiavo tantissimo e dimagrivo! Ma la cultura del cibo non si ferma qui, scoprii il significato di quel saluto a me sconosciuto che mi rivolse la madre al mio arrivo: spesso non salutano con un "Ciao, come va?" bensì chiedendoti "Hai mangiato/Sei pieno?". Bellissimo. Le prime parole che ho imparato in quella casa sono state "Sono pieno, grazie" e "Non capisco". Hahaha.

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Pulendo le cozze
Ok, del viaggio non ho ancora raccontato nulla, temo che questo capitolo possa risultare più lungo dei precedenti ma semplicemente perché l'Australia è un paese di radice europea  anche se molto diverso, mentre in questa isoletta tutto è nuovo, diverso, strano, così lontano da ogni cosa io abbia mai conosciuto. E perdonate il mio continuo cambiare da tempo passato a presente ma son fatto così, sono senza tempo... . Si vaga per il paesello, prendo le cose piano piano, m'infilo in una "chiesa" Tao dove assisto a delle brevi preghiere e, dopo questa sorta di messa, si fa la fila per una ciotola di zuppa gratis. Mi piace. Un bus e un breve tratto di barca fino ad arrivare a Danshui, una piccola città sul mare dove Hsiü mi fece vedere la scuola dove ha insegnato per un po' (prima di partire per l'Australia era insegnante di inglese), e poi un giretto nell'affollatissima zona pedonale. Quì la spiazzante differenza numero tre: vidi un cartellone pubblicitario raffigurante un ragazzo ed una ragazza che si baciano; guardando più da vicino quella figura era formata da tante piccole fotografie colorate di persone reali che si baciavano. Era la pubblicità di un ristorante. Le effusioni in luoghi pubblici erano (lo saranno ancora?) mal viste dalla maggior parte della popolazione ed i proprietari di quel ristorante volevano spronare le persone ad emanciparsi offrendo un piatto di carne gratuito se, seduto al loro tavolo, una coppia si faceva fotografare durante un bacio. Il cibo gratis mi attira sempre, non ci posso far nulla. 

Altri mercati, si scoprono altri cibi strani (vedi anche la foto del dinosauro marino) come il Dragonfruit, grosso frutto violaceo che sa di kiwi poco aspro o come le Devil Water Chestnuts, delle castagne d'acqua nere a forma di testa di diavolo. E poi arrivò il weekend. La casa si riempì di gente, i bambini mi tiravano i peli (loro non li hanno...), tanti occhi mi guardavano straniti dal gigante bianco che zombeggiava per casa parlando poco (solo in tre parlavano inglese e nemmeno molto bene) finché la sera mi insegnarono a giocare a Mahjong. Ansia. All'inizio non capivo nulla, poi piano piano qualcosa entrava ma è dura cavoli... e loro giocavano a soldi, quindi mi toccò pure perdere qualche moneta XD ! 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Il festival aborigeno
Durante le settimane seguenti scoprii la delirante capitale, Taipei, e le bellissime città più a sud. Non ricordo bene dove, ma comunque verso sud, ci imbattemmo in un festival di diversi gruppi aborigeni e, durante una delle loro danze, tirarono dentro anche Hsiü, essendo lei mezza aborigena aveva la pelle più scura del cinese classico, aveva l'hupgrade. Fu interessante vedere i vestiti tradizionali, le danze e una sorta di rito dove tutti sbevazzavano roba alcolica dalla stessa tazzona, un po' come la ciotola dell'amicizia. 

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Taiwan (Formosa)
Bin Lang girl
Chiudo questa parte raccontandovi delle Bin Lang girls e dei Betelnut. Da dove iniziare... per le strade si vedono spesso delle ragazze seminude dietro delle vetrine. Sembrano prostitute, la prima volta che le vedi non hai troppi dubbi. Spesso si fermano macchine e camion che gli danno dei soldi e loro gli porgono un bicchierino di plastica con della roba dentro: sono i Betelnut! E che diavolo sono? Si tratta di particolari nocciole con arrotolata una leggera foglia di palma che dovrebbero stimolare il sistema nervoso fungendo stile cocaina. Tengono svegli e provocano un certo senso di eccitazione. La cosa schifosa di queste cose è che, appena le mordi e smangiucchi, aumentano la salivazione in un modo pazzesco e rendono la saliva rosso sangue, per questo il bicchierino di plastica, per sputare sia bava che nocciola smangiucchiata. E le ragazze sono vestite in modo succinto per attirare i camionisti o gli avventori occasionali che, venendo tanta beltà ed un bel sorriso, spesso pagano più di quanto richiesto dalle signorine. Io le ho provate e posso dirvi che sono davvero pessime ma lì vanno come caramelle (se mai andrete a Taiwan e per terra vi saranno un sacco di macchie rosse non è sangue, è quella roba lì).

Con questo chiudo, non vi anticipo altro, ma il (primo) viaggio di un mese a Taiwan è praticamente terminato, ed io ancora non tornerò in Italia per altri tre mesi circa; provate ad indovinare dove sono andato dopo!

Alla prossima!

Carlo "Charlie" Capotorto.

sabato 11 giugno 2016

Il viaggio di una vita - Parte 4: Il treno, Perth & il rientro a Sydney

Il viaggio di una vita - Parte 4: Il treno, Perth & il rientro a Sydney


Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Australia
Perth
Come penso, e spero, abbiate già capito voglio raccontarvi l'essenziale, ricamato con qualche pizzo e superfetazione, ma sempre e comunque l'essenziale. C'è chi viaggia e scrive una sorta di diario giornaliero delle sue avventure, perché quelle sono avventure vere quando hai roba da raccontare tutti i giorni. Io scrivendo questo mio viaggio di una vita molti anni dopo averlo fatto stringo, salto di tappa in tappa e di mese in mese come fossi un canguro (e visto che per ora siamo ancora in Australia ci sta) e lo faccio apposta. Non so cos'ho fatto il 4 gennaio 2008, probabilmente lavorato e dormito tutto il giorno, che ve lo racconto a fare? Come quelli che ti raccontano la loro mattinata iniziando così: "Si, mi sono svegliato alle 7:30, ho messo su la moka e poi mi sono seduto al tavolo ad aspettare che salisse, poi è salita ed ho bevuto il caffé...". Non so voi (e spero di non fare così nemmeno io) ma credo che dopo 1 minuto di lettura di sta roba cambierei blog. Questo era per introdurre anche una riflessione su quanto ora sia gettonata l'Australia. Io sono partito verso ottobre 2007 e al mio arrivo nella terra Down Under ho incontrato parecchi italiani, e nove (NOVE) anni fa non si sentiva molto parlare di lei... oggi ogni due per tre spunta fuori qualcosa d'australiano, sfido voi lettori a pensarci, scommetto che avete almeno un amico (se non due o tre) che è andato in Australia con un Working Holiday Visa! Sempre più gente ci è andata spargendo la voce di quanto sia bella... ecco perché non avevo ancora scritto nulla sul blog, perché volevo preservare la terra dei canguri dall'ennesima fiumea di italiani (certo, proprio così, ecco perché... hemm...).

Riagganciandosi al viaggio: abbiamo abbandonato Darwin ed i suoi simpatici nonnini boschivi tornando sul treno per altri giorni in carrozza! Durante questi mesi passati ho finalmente iniziato a vivere appieno la terra straniera, non parlando altra lingua che l'inglese, incontrando pochissime persone e riflettendo molto sulla semplicità della vita. Una cosa mi era rimasta di italiano: la moka. Essì, da quella non potevo separarmi. Mi sono liberato di tantissimo e viaggio molto leggero ma la moka non pesa nulla, poi con il suo simpatico manico s'appende, è bella, lucente, profumata... é casa insomma. Pur avendo limitato i contatti con casa a sporadicissime videochat con Skype e brevi e-mail di aggiornamento qualcosa di italiano lo portavo sempre con me, e cosa meglio del caffè?

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Australia
Perth
Il treno. Si. Scusatemi, ma poi mi perdo a pensare a quei momenti e mi vengono in mente dettagli che è meglio non scrivere qui, quindi tento di aggirarli ma tutto diventa confuso e... il treno. Da Darwin ad Adelaide non stop sono circa 3 giorni in carrozza, ma non le carrozze nostre eh! Trenord qua mangia la polvere (anche in Slovenia, Croazia, Bulgaria, Romania, Grecia, Albania, Serbia, Bosnia, Polonia, Moldavia, ecc... ma lasciamo perdere...): i treni sono f a v o l o s i, nello scompartimento più scarso, dove stavamo noi, c'erano un bagno e una doccia (separati in modo da essere utilizzati da persone diverse) alla fine della carrozza (non ricordo se anche all'inizio), nella carrozza dopo divanetti, tv, prese di corrente e videogames, poi carrozza ristorante (che non ho mai nemmeno visitato perché preparammo panini e viveri per tutto il tragitto - braccino corto rulez quando sei backpacker) e in fine carrozze di classi borghesi superiori. Insomma treni della madonna, non come i nostri che ogni due per tre si spaccano o succede qualcosa per cui è tutto bloccato. Torniamo ad Adelaide soltanto per fermarci qualche giorno, salutare due amici conosciuti in giro, fare rifornimento di cibo e risalire sul treno in direzione Perth! Qui ho cominciato davvero ad appassionarmi a questi treni fighissimi e ad aver voglia di fare la Transiberiana, chissà se mai ce la farò

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Australia
L'Indian Pacific - Da Perth a Sydney
Altri giorni sui sedili del treno di Oz (ennesimo modo in cui viene chiamata al'Australia: Australia --> Aussie --> Oz) fino ad arrivare a Perth, città enorme ma con qualcosa di diverso dalle altre. Anche a distanza di tanti anni la sensazione che mi diede questa city sulla costa Ovest la sento presente, sembrava tutto più tranquillo, più aperto, più lento. Dagli ostelli al cibo ricordo fosse tutto un pochino più economico e anche la gente parlava un po' diversamente, come i nostri accenti più o meno, appena ci si sposta si parla diversamente. Beh, li ti sposti di migliaia di chilometri e il concetto è lo stesso. Scoprii anche che a Perth le macchine costavano meno, per un "semplice" e strambo motivo: i turisti e gli "avventurieri" solitamente compravano (uso il passato ma magari è ancora così ;) ) il mezzo di trasporto sulla costa Est, a Sydney generalmente, per poi vagare facendosi il coast to coast fino a lì, il punto però è che la gente poi non ha voglia di rifarsi la strada per tornare indietro, perché di strada ce n'è solo una a meno che tu non abbia un fuoristrada, e allora vendono la macchina o il furgoncino a poco prezzo e rientrano a Sydney in aereo o in treno. Quindi, se volete un consiglio, se state pianificando un viaggio in Australia e pensate di comprare un mezzo di trasporto, atterrate dove vi pare e piace, poi arrivate a Perth e lì fate l'acquisto (magari verificate nuovamente in internet le informazioni dato che le mie sono un po' datate).

Ma non è per comprare una quattro ruote che siamo venuti qui, Hsiü ha il volo di ritorno verso Taiwan e io... e io che faccio? Sul treno per venire qui ne abbiamo parlato un pochino e senza pensarci troppo ci siamo detti: "Well, I might come with you in Taiwan and then... we'll see!" (che tradotto per chi non sa o non vuole nemmeno provarci è: "Beh, potrei venire con te a Taiwan e poi... vedremo!"). Il mio biglietto di rientro in Italia sarebbe stato da li ad un mese, avrei fatto tappa ad Hong Kong, poi Francoforte e finalmente Milano; cancellai le ultime due tappe e feci un volo EvaAirlines Hong Kong --> Taoyuan. Con una telefonata delirante da una cabina riuscii a sistemare la questione bagaglio (mi era venuta l'ansia che, una volta imbarcato, il mio bagaglio andasse in Italia mentre io ero da tutt'altra parte) e, dopo la partenza di Hsiü vagai nuovamente a Perth qualche giorno prima di riprendere il treno per la tratta più lunga: Perth --> Sydney

Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Australia
Il rientro a Sydney
L'avventura finisce dov'è iniziata, quantomeno quella australiana. Ritrovo nello stesso primo mio ostello di Oz amici incontrati all'inizio del viaggio, siamo tutti un po' cambiati, diversi, cresciuti. Ci raccontiamo come abbiamo passato questi mesi e ci scambiamo i relativi contatti (tanti li sento ancora su Facebook, sempre meno ok, ma a distanza di anni ci sono ancora) augurandoci buona fortuna. Rivedo Sydney volentieri, sotto una luce diversa dopo aver vissuto anche altre realtà di questo enorme territorio. Le emozioni che mi ha regalato l'Australia le porto dentro ancora e le terrò con me sino all'inesorabile avvento dell'Alzheimer, e per questo consiglio a tutti: se ne avete la possibilità, sia economica che di età (il visto di un anno vacanza lavoro si può fare fino ai 30 o 31 anni, dopo solo il turistico di 3 mesi...!!), andate, partite, viaggiate. Sarà l'esperienza più importante delle vostre vite. Imparerete a cavarvela con le vostre forse e a contare prima su voi stessi e poi sugli altri ma più di tutte vi aprirà gli occhi, perché il mondo è davvero grande e ci sono così tante realtà da scoprire... io ne ho vista e vissuta solo una piccolissima parte e questa, forse, per ora mi basta. 
Carlo Capotorto di Bergamo in viaggio per il mondo - Australia
Pronto ad imbarcarmi per una nuova avventura

Anche se il mio viaggio non è ancora finito. Anzi, avendo cancellato il biglietto di ritorno ora non so davvero dove mi porterà il futuro. Avviso casa, durante una delle sempre più rare chiamate Skype, che non tornerò ancora a casa: "Vado in Asia mamma, non so quando torno, qualche soldo ancora mi è rimasto, ti chiamo quando arrivo e magari mando qualche foto". Ho già detto che ho una mamma fantastica? Quando ho deciso di partire era felicissima, genuinamente contenta per me, che avessi deciso di fare questa esperienza. Certo, con le lacrime sulle guance in aeroporto quando mi accompagnò alla partenza, ma senza il suo supporto non so dove sarei mai finito. Senza una meta, senza informazioni sul posto dove sto andando, con uno zaino (bello grosso) sulle spalle e i miei 24 anni salgo sull'aereo diretto verso un isoletta che mi rapirà il cuore: Taiwan.

L'australia è finita, riassunta in quattro brevi capitoli che probabilmente non rendono troppo l'idea della sua fantastichetudine (aaahhhh, neologismi agghiaccianti vero?) però questi spezzoni di travel-blog sono un po' come i miei racconti: non giro troppo intorno alle cose, vi dò l'info e poi sta a voi pensarci e rifletterci, approfondire o chiedere di più :) ! 

A presto, prestissimo, con un nuovo racconto dagli occhi a mandorla!

Carlo "Charlie" Capotorto.

mercoledì 8 giugno 2016

Girandosi intorno


Non perché non conosciamo il senso delle cose, né perché non capiamo davvero cosa vogliano gli altri, ma spesso per la perdita di fiducia (negli altri o in noi stessi) che si perde la serenità.

Girandosi intorno

In una spirale di fallimenti e controversie
si trova l'uomo che non conosce il senso delle parole,
colui che da peso soltanto al denaro
ed al sesso fine a se stesso.

Si contorce nel suo dolore
dando colpe casuali
ad incontri occasionali.

Non trova uno scopo nello svegliarsi la mattina
e perde la voglia di fare qualunque cosa
aumentando gli scontri con chi gli è vicino
per semplici fraintendimenti e parole non dette.

Si chiude nella sua solitudine
infliggendosi pene capitali
incurante del vero pericolo.

Pensa ai soldi e alla soddisfazione del corpo
ma non riesce ad andare avanti
lungo il sentiero della serenità.

Pensa al futuro e alla mediocrità dell'esistenza
e non riesce a capire come la gente
possa essere felice con ciò che ha.

lunedì 6 giugno 2016

Scivolose strisce bianco banana

Scivolose strisce bianco banana

Ma il bianco delle strisce pedonali e delle righe che dividono le carreggiate lo estraggono dall'interno della buccia di banana? Perché non so voi, ma io quando piove in scooter rischio la vita ogni volta che mi imbatto nelle strisce alla banana!

Quando piove le strisce pedonali si trasformano in bucce di banana da quanto sono scivolose
Strisce bianco (o giallo) banana
Ho comprato un 125cc quasi un anno fa e negli ultimi mesi mi viene l'ansia ogni volta che piove perché sono scivolato ben due volte nell'arco di poco tempo: una a Milano, sulle rotaie del tram, mentre andavo a fare un colloquio (poi non mi han preso ma forse è stato meglio così), non mi sono fatto nulla, solo qualche graffio; l'altra due mesi fa. La seconda scivolata va raccontata meglio perché è quasi demenziale: ho fatto un mese di prova alla Palestra Popolare del Pacì, corso di Boxe (bellissimo, bravo insegnante, bella gente, costa poco), ed ero bello gasato... insomma, decido di andare dal mio medico a farmi fare il certificato di buona salute per poi potermi iscrivere. Lavorando io in settimana mi rimaneva solamente il sabato per andare a trovare il mio dottore (cerco sempre di evitare di andare il sabato perché riceve senza appuntamento e quindi c'è sempre molta coda ma non avevo molte alternative). Insomma, piove, arrivo a Curno, parcheggio e mi presento di fronte allo studio verso le 8.40 (apre alle 9)... non c'è nessuno!! "Che culo!", penso tra me e me, ma poi mi accorgo di un simpatico foglietto con scritto "Studio chiuso per aggiornamenti medici". Bene, la mia solita fortuna. Decido di andare a casa di mia madre a bere un caffé e poi tornarmene a Bergamo, faccio la strada interna, è tanto che non passo di là... QUANTOMAI! Passo il passaggio a livello, mi fermo al semaforo rosso e, appena scatta il verde accellero e scivolo in curva su una piccola striscia bianco banana! Ammortizzo la caduta dello scooter con la mia caviglia, sporcono un po', lo sposto e ritiro su. La caviglia mi fa male, "sarà la botta", penso. 

Continuo per la mia strada, arrivo da madre e le scrocco una MS... la caviglia fa particolarmente male. Opto per il pronto soccorso di Ponte San Pietro, arrivo e in accettazione mi tolgo la scarpa... la caviglia raddoppia il suo volume originale... cazzo! Dopo circa quattro ore, una radiografia e due diverse visite esco con il piedone fasciato ed una gran brutta distorsione che si trasformerà in un piede viola dai lividi in poco tempo. 
Insomma, ero andato dal medico per un certificato di buona salute e sono rientrato a casa nel primo pomeriggio in stampelle. Che culo!

Oggi, a distanza di due mesi, ancora mi fa male se piego tanto la caviglia o se la sforzo, non ho ancora ripreso Boxe ma intendo farlo appena mi sarò sistemato un po' meglio... ma torniamo al punto cruciale: va bene che magari io ho montate due gomme del cavolo sullo scooter ma a tante, tantissime persone è successo di scivolare sulle strisce pedonali bagnate e allora mi chiedo perché? Perché non le fate ruvide invece che scivolose come solo le banane dei film?! Vi prego, spiegatemene il motivo perché io non riesco a capirlo!

Anche a voi è capitato di scivolare sulle infernali strisce bianco banana? Sui tombini? Sulle foglie? Su una cacca di cane appena depositata? Se anche voi siete stati vittima di scivolate e capitomboli scrivete, commentate, condividete; dobbiamo stare uniti contro le banane a terra!!

Poi vabbhè, appena ho due soldi cambio le gomme...

Carlo "Charlie" Capotorto

sabato 4 giugno 2016

Tutto si sfalda


Monotematico, lo so, ma in situazioni diverse le stesse emozioni continuano a colpirmi, e colpirmi, e colpirmi, e colpirmi, e colpirmi, e colpirmi, e colpirmi...

Tutto si sfalda

Non è colpa mia,
non posso farci niente,
questa sciocca inquietudine
la vivo a fasi alterne.

E lo so, lo sai, lo sappiamo,
non sono capace
e forse mai lo sarò.

Non per arroganza o codardia,
sicuramente un po' per paura,
come un coltello senza lama né punta
chiudo tutto in un cassetto
continuando però a guardarlo.

E lo so, lo sai, lo sappiamo,
contino a sbagliare
senza farmi aiutare.

Si potesse cadere
senza poter ritornare
forse lo farei,
così da non rompere più
tutto ciò che tocco.